… Una notte, verso l’epoca in cui Rebeca guarì dal vizio di mangiare terra e fu portata a dormire nella stanza degli altri bambini, l’india che dormiva con loro si svegliò per caso e sentì uno strano rumore intermittente in un angolo. Si alzò a sedere spaventata, credendo che fosse entrato un animale nella stanza, e allora vide Rebeca nella poltroncina a dondolo, col dito in bocca e con gli occhi illuminati come quelli di un gatto nel buio. Paralizzata dal terrore, afflitta dalla fatalità del suo destino, Visitaciòn riconobbe in quegli occhi i sintomi della malattia la cui minaccia li aveva costretti, lei e suo fratello, esuli per sempre da un regno millenario del quale essi erano i principi. Era la peste dell’insonnia. (…)
Nessuno capì la trepidazione di Visitaciòn. “Se non dormiremo, tanto meglio” diceva Josè Arcadio Buendìa, di buon umore. “Così la vita ci renderà di più.” Ma l’india spiegò loro che la cosa più temibile della malattia dell’insonnia non era l’impossibilità di dormire, dato che il corpo non provava alcuna fatica, bensì la sua inesorabile evoluzione verso una manifestazione più critica: la perdita della memoria. Significava che quando il malato si abituava al suo stato di veglia, cominciavano a cancellarsi dalla sua memoria i ricordi dell’infanzia, poi il nome e la nozione delle cose, infine l’identità delle persone e persino la coscienza del proprio essere, fino a sommergersi in una specie di idiozia senza passato.
G. Garcia Marquez, Cent’anni di solitudine, 1967
Sebbene la patologia assuma le sfumature oniriche e fantasiose che caratterizzano in gran parte il romanzo, la Peste dell’insonnia potrebbe grossomodo corrispondere alla malattia da Prioni dell’Insonnia fatale familiare.
E una patologia molto rara che in Italia conta circa 5 casi. La malattia potrebbe essere trasmessa da generazione a generazione successiva attraverso mutazioni genetiche (possibile coinvolgimento del cromosoma 20) esitanti in alterazioni aminoacidiche, e dunque proteiche, tali da alterare la conformazione dell’encefalo e in particolare del talamo. Il processo sarebbe alla base di un’insonnia destinata a causare la morte del malato a distanza di un mese dall’inizio dei sintomi.