La canzone giusta può spingere (o meno) all’acquisto. Gli esperti di marketing lo sanno e vogliono che il soud dei negozi esprima i valori dei loro marchi…
Di quali vestiti sarebbe composto oggi il nostro guardaroba se le canzoni di Bjork non fossero così diffuse nei negozi di abbigliamento? E se, dietro la vetrina di Soho o di Beverly Hills, non fossero risuonate le note di un Dylan d’annata, adesso indosseremmo quel particolare paio di stivali? Probabilmente no. Ammettiamolo: siamo stati – e tuttora siamo – sedotti, pilotati, forse anche un po’ ipnotizzati dalle colonne sonore negli store. La musica è uno strumento di persuasione efficacissimo.
Oltre a punteggiare la memoria di ricordi, alleggerire le giornate troppo uguali, risollevare l’umore, possiede anche il potere strabiliante di "svegliare" le carte di credito nel portafogli, come un incantatore fa con i serpenti. Gettandoci dolcemente nella tentazione degli acquisti. Il risultato è una deliziosa e infinita sequenza di pacchettini. A condurci in trappola, insomma, non sono solo le vocine allegre e suadenti delle commesse di New York, Roma, Parigi, Milano, quello stuolo di signorine entusiaste delle nostre scelte e ancora più giubilanti se il bottino cresce. La confraternita dello shopping si serve ora, più che mai, di note musicali. In maniera scientifica. "Il suono, per il business, è un grande paese inesplorato", si legge sulla quarta di copertina del libro Sound Business di Julian Treasure (Management books). "Molte organizzazioni – uffici, negozi, showroom, pubblicità, internet, hotel, bar e ristoranti – sono beatamente inconsapevoli dei ‘loro’ suoni, nonostante questi influenzino profondamente le persone modificandone i comportamenti. Le ricerche mostrano che un suono appropriato può aumentare le vendite del 30% e triplicare la produttività dei lavoratori". Treasure sostiene inoltre che la musica soft incrementi gli affari e il rumore in ufficio riduca di un terzo le capacità dei dipendenti rispetto a un ambiente armonioso e ben sonorizzato.
Comprare, oggi, è molto più che comprare: è una forma di intrattenimento.
La competizione con gli empori online, più economici sia per gli acquirenti sia per i gestori, obbliga i negozi ad attrezzarsi per offrire un’esperienza di lusso e bellezza. Il punto vendita diventa un prezioso e unico set teatrale, di cui la colonna sonora è elemento fondamentale. A Melrose, Los Angeles, poco più di un anno fa Brett Brooks e Jeremy Wineberg hanno lanciato un’etichetta discografica destinata al negozio di Ron Herman, battezzandola con il nome di Invisible DJ. Le compilation accompagnano i clienti di Herman e, dalla fine di quest’anno, anche quelli di Juicy Couture. Le catene d’abbigliamento Gap e American Apparel potrebbero aggiungersi alla lista di Brooks che, intervistato di recente dal Los Angeles Times, ha descritto così il suo criterio di scelta: "Ho incluso nelle compilation parecchie band interessanti e poco conosciute, che ho scovato durante i miei viaggi a Parigi e Londra: per esempio, i Daft Punk e gli Zero 7. Poi i clienti hanno cominciato a chiedere dove potevano acquistare i loro cd".
Le maggiori soddisfazioni arrivano dalle celebrity (magari star di Mtv) che, entrate nel negozio per lo shopping, se ne escono poi con il cd tra le mani: pare che, in qualche caso, sia accaduto. Tra i gruppi inclusi nella compilation di Invisible DJ figurano Seems So Bright, English Department, GoStation, Harlem Shakes e il quintetto di Los Angeles Mighty Six Ninety. Ogni strategia di music design viene personalizzata secondo lo stile del marchio di abbigliamento. La playlist destinata a Ron Herman ha una tonalità solare con un tocco di ritmo sudcaliforniano, come ha spiegato Brooks al Los Angeles Times. Per American Apparel ci saranno brani di elettronica con atmosfere indo-rock: una scelta decisamente urbana, adatta alle luci delle città della East Coast. A.P.C. è un altro spazio commerciale che possiede un’etichetta musicale. Jean Touitou, prima di lanciarsi nella moda, si muoveva nel mondo della discografia. I suoi negozi sono localizzati a New York e Los Angeles, e le sue playlist si possono acquistare proprio come i capi d’abbigliamento esposti. Il manager dello store di Soho, Greg Beyer, ha raccontato a Vogue le strane vie attraverso cui il suo boss collega la musica alla moda: "Avevo appeso una combinazione di polo bianche, abiti scuri e occhiali da sole. Jean mi disse: "Questa è la sezione delle percussioni. Non lo dirò ai clienti, ma è quello che penso"".
Amare la moda, amare la musica. Il confine tra i due territori è labile.
Una passeggiata nei negozi di New York è il miglior modo per rendersene conto. Prada, Chanel, Diesel: ognuno ha il suo stile e quindi la sua playlist. Che si tratti di un autore sofisticato come Philip Glass (tra i preferiti da Yves Saint Laurent, che l’ha proposto anche in passerella), o di un vecchio leone della musica country come Neil Young, cambia poco: il piacere dell’ascolto è assicurato. Visitare il negozio di Marc Jacobs, per esempio, è come far entrare le sue creazioni e i suoi colori direttamente nelle orecchie. I brani scelti non sono necessariamente recenti, ma molto trendy: un riflesso della sua idea di moda. Risuonano le note di Eazy-E, un piccolo tocco di West Coast con Elliott Smith, e poi via di seguito con Blonde Redhead, Fiery Furnaces, Les Savy Fav e Jamie Lidell. Nei negozietti vintage di Williamsburg e Nolita si ascoltano le melodie siderali di Bjork, Beck, Arcade Fire o Maroon 5. Le aziende che lavorano nel music design sono poche e superspecializzate. DMX è una di queste. Leanne Flask, la vicepresidente, ha spiegato a Vogue: "Il nostro compito è creare il suono più adatto per una griffe.
Non si tratta semplicemente di scegliere canzoni. Se, per esempio, il marchio esprime autenticità e genuinità, la musica non dovrà essere troppo commerciale. Niente Paris Hilton, meglio Eric Clapton".
Allora meglio andare a fare shopping con l’Ipod nelle orecchie no!!??!?!?!
Con una canzone che continua a ripetere…
…se potessi avere….mille lire al mese….
[tags]Tempo, Ridere, Stress, Psicologia, Soldi, Shopping[/tags]
Non sapevo di questo tipo marketing.
Si ….addirittura in un esame all’università avevo studiato anche che la posizione degli articoli sugli scaffali ha una logica psicologica per attirare il cliente!
Occhi aperti nei supermercati….il superfluo è in agguato!