Il tatuaggio in Birmania ha origini molto antiche. Ne scrisse per primo il veneziano Nicolò De Conti nel 1435 nel resoconto dei suoi viaggi:"…nella città di Inn Wa (Ava)…gli abitanti, uomini e donne, pungono la loro pelle con punte di ferro e sfregano nelle punture un pigmento indelebile in modo che rimangono pitturati per sempre…". I tatuaggi in quell’epoca erano ritenuti magici ed avevano prevalentemente una funzione protettiva dai nemici, dai serpenti velenosi e dagli animali feroci della jungla. Gli uomini portavano pantaloni rimboccate in mezzo alle gambe lasciando scoperte le cosce; probabilmente questo è il motivo per cui queste divennero la parte del corpo più adatta ai tatuaggi. Lo scopo principale del tatuaggio era quello protettivo, ma nel corso dei secoli assunse anche altre funzioni, come quella di riconoscimento, per avere da parte delle famiglie reali, un controllo sulle origini delle popolazioni che si mescolavano. Anche gli schiavi ereditari venivano tatuati sul collo e sui polsi perché potessero essere immediatamente individuati.
E’ proprio tutto un altro modo di vivere i tatuaggi, molto più sensato tra l’altro…